“Gli altri e Ilio Barontini. Comunisti livornesi in Unione Sovietica”: interessante studio del giornalista Mario Tredici

Conoscere la storia per riflettere e per capire chi siamo. “Gli altri e Ilio Barontini. Comunisti livornesi in Unione Sovietica” (edizioni Ets, Pisa) è un libro che racchiude in sé queste capacità, prima “indagine” storica su un argomento finora poco studiato nella sua interezza. Il libro di Mario Tredici, giornalista (nella foto sopra il titolo), sarà presentato mercoledì 21 giugno 2017 (ore 17) nell’Auditorium del Museo di Storia Naturale di via Roma 234 a Livorno. Interverranno, oltre all’autore, Alessandro Franchi presidente della Provincia di Livorno, Francesco Belais assessore alla cultura del Comune di Livorno, Elena Dundovich dell’Università di Pisa e Alexander Höbel dell’Università di Napoli “Federico II”. Coordinerà il dottor Marco Manfredi dell’Istoreco, l’istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nella provincia labronica.

I comunisti livornesi in Unione Sovietica si chiamavano – oltre ad Ilio Barontini – Astarotte Cantini, Decimo Tamberi, Menotti Gasparri, Urbano Lorenzin, Armando Gigli, Ettore Borghi, Angelo Giacomelli, Arturo Silvano Scotto.

“Questa ricerca è nata per caso. Stavo lavorando all’Archivio Centrale dello Stato a Roma alla ricostruzione di alcuni dei processi celebrati davanti al Tribunale speciale contro comunisti livornesi, quando sfogliando il fascicolo personale di Armando Gigli mi sono imbattuto in una lettera inviatagli nel 1930 da Parigi da un certo Astarotte Cantini. Questo nome mi diceva qualcosa. L’avevo letto da qualche parte – scrive l’autore Mario Tredici nell’introduzione al volume –  Mi ricordai infine che sì, compariva nell’elenco dei comunisti soppressi nelle purghe staliniane, con la dizione anarchico livornese, che avevo letto su un libro di Giancarlo Lehner uscito nei primi anni ’90 del secolo scorso. Più tardi, esaminando i documenti relativi a Renzo Tamberi, che fu processato nel 1933, vidi che era stata debitamente conservata una lettera inviatagli dal padre Decimo da Mosca. Allora, per pura curiosità, decisi di fare una verifica. Esistevano i fascicoli a nome Astarotte Cantini e Decimo Tamberi? Sì, ed erano densi di suggestioni (…)”.iliobarontini

Da questa premessa si snoda una storia, o meglio tante storie (per l’esattezza nove), che raccontano scelte politiche e di vita, ma anche i lati più umani e nascosti di questi uomini protagonisti dell’antifascismo. Una ricerca rigorosa, su documenti d’archivio, a volte difficile perché le carte non possono raccontarci tutto quello che questi uomini sono stati. E infatti Tredici sottolinea: ” (…) Di alcuni di questi nove uomini politici già si sapeva. In particolare di Ilio Barontini (foto a destra), l’unico cui siano state dedicate finora ben tre biografie: la prima, la tesi di laurea, pionieristica e decisamente meritevole per la vastità di materiali e testimonianze raccolte, di Giovanni Degl’Innocenti, scritta nel 1981-82. Poi a seguire quella scritta a due mani da Era Barontini e Vittorio Marchi nel 1987, e infine quella di Fabio Baldassarri edita nel 2013.
Sugli altri silenzio. Di alcuni proprio non si sapeva nulla, è il caso di Ettore Borghi, Menotti Gasparri, Decimo Tamberi e Angelo Giacomelli. Avevo conosciuto solo Armando Gigli, perché negli anni ’70 avevo frequentato da giovane militante le stanze della federazione comunista al primo piano di piazza della Repubblica (a Livorno, ndr). Di Urbano Lorenzini avevo sentito dire. I documenti base su cui si è sviluppata questa ricerca sono ovviamente i fascicoli del casellario politico centrale all’Archivio centrale dello stato. Una raccolta di dati di natura poliziesca, comunque fondamentali, senza i quali per quasi tutti loro, che non hanno lasciato tracce scritte, si sarebbe del tutto persa ogni memoria (…)”.  Ecco, la memoria, che non deve essere persa. Ma coltivata in maniera adeguata perché la storia racconta chi siamo e, al tempo stesso, è capace di tracciare il nostro futuro.