FESTIVAL PUCCINI 2018. Omaggio a Giovanni Pacini. Messa in scena a Villa Paolina (venerdì 24 agosto) del “Convitato di pietra”

Nel cartellone del 64° Festival Puccini  e nell’ambito della rassegna “Nel giardino di Paolina” – Villa Paolina, a Viareggio – appuntamento con l’Omaggio a Giovanni Pacini, compositore italiano, viareggino di adozione,  che lasciò un grande segno nel mondo musicale del suo tempo.

La storia di Giovanni Pacini è intimamente legata a Viareggio, dove si stabilì nel 1822. Nel volume autobiografico “Le mie memorie artistiche”, stampato a Firenze nel 1875, ha scritto: “Nella primavera del 1822 trovandosi a Fiumicino un piccolo bastimento appartenente a S.M. la Duchessa di Lucca, il capitano mi offrì di fare il viaggio con esso. Accettai l’invito e sbarcai a Viareggio ove, piacendomi infinitamente quella nascente città, vi fermai la mia dimora”. Infatti, Pacini fece costruire una casa lungo il canale Burlamacca dove soggiornò fino al 1857, poi si trasferì a Pescia. Questa casa, dove egli compose le sue più importanti opere, fra le quali la “Saffo”, fu risparmiata dai violenti bombardamenti che subì la città durante l’ultima guerra, ma scomparve sotto i colpi del piccone demolitore per scarsa sensibilità storico-artistica, e al suo posto fu edificato un anonimo “grattacielo”.

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Giovanni Pacini

Pacini, nelle sue “memorie”, non fa cenno al fatto che a Viareggio in quell’anno anche Paolina Bonaparte si fece costruire una villa, ma la presenza della bella principessa Borghese, che conobbe un anno prima e alla quale fu molto legato sentimentalmente, ebbe un ruolo determinante. Pacini, comunque, anche quando questo legame si sciolse e dopo la morte di Paolina, avvenuta nel 1825, restò lo stesso a Viareggio e molto si adoperò per la città. Infatti nel 1834 istituì a Viareggio il Liceo musicale che intitolò a Carlo Lodovico. Il Liceo, frequentatissimo da giovani di tutta la Lucchesia ed anche da “stranieri”, per volontà dello stesso Duca, tre anni dopo fu trasferito a Lucca, poiché “una tale istituzione avrebbe recato un lustro” alla città. La scuola successivamente prese il nome di Giovanni Pacini, poi fu intitolata al musicista lucchese Luigi Boccherini. A Pacini che si produsse in oltre 90 composizioni  sarà dedicata la messa in scena il 24 agosto 2018 dell’opera ”Il convitato di pietra” (rappresentata per la prima volta a Viareggio nel 1832 in occasione del carnevale).

Viareggio, Villa Paolina, venerdì 24 agosto 2018
IL CONVITATO DI PIETRA
Musica di Giovanni Pacini
libretto di Gaetano Barbieri
Direttore d’orchestra Daniele Ferrari
Regista Giandomenico Vaccari

Don Giovanni – Vladimir Reutov
Donna Anna – Daniela Nuzzoli
Zerlina – Micaela Sarah D’Alessandro
Masetto – Alessandro Biagiotti
Commendatore – Massimo Schillaci
Ficcanaso – Alessandro Ceccarini
Duca Ottavio – Francesco Napoleoni

NOTE DI REGIA

di Giandomenico Vaccari

Con il Convitato di Pietra di Giovanni Pacini sono di nuovo ad occuparmi, dopo quattro anni, del più grande mito della cultura occidentale moderna ossia il Don Giovanni.
Nel 2014 ho realizzato negli Stati Uniti l’opera di Mozart e Da Ponte e ora torno, per gli strani incroci della nostra vita professionale, ad affrontare la storia del Burlador di Siviglia tramite la lente, dichiaratamente ottocentesca, di Pacini che maschera il desiderio di produrre una sua versione del Conquistatore punito, creando un’operina “familiare” che potrebbe risultare ad uno sguardo superficiale e frettoloso una sorta di omaggio al capolavoro mozartiano.
Ma così non è. La piccola opera del compositore toscano è invece un esempio di drammaturgia musicale “aperta” dove il regista deve fare i conti sia con l’illustre precedente ma soprattutto con la tremenda “visione del vuoto” che il musicista ci palesa con disinvoltura e sapienza musicale a tratti mirabile.

I personaggi di Pacini sono in perenne e inutile ricerca di un autore che testimoni e confermi la loro presunta grandezza e la storia di Don Giovanni, delle sue donne, di Ficcanaso ex Leporello e del Commendatore vittima e giustiziere, ci appare inscritta in uno spazio drammaturgico astratto e rarefatto.

Il regista deve muoversi in questo vuoto con cautela e decisione, disegnando, per i suoi personaggi, delle geometrie comportamentali sempre in bilico fra mimesi psicologica e straniamento, all’interno di uno spazio scenico da cui si esce e si entra in modo nevrotico al pari della storia rappresentata.

L’esito del percorso paciniano è molto lontano da quello di Da Ponte e Mozart. Alla fine del loro peregrinare i personaggi si rivelano per quello che sono, piccoli e deboli e il vero inferno per Don Giovanni sarà proprio questo, ossia la condanna alla solitudine, all’assenza di grandezza e all’uscita dal mito.

Così Pacini certifica la distanza fra il suo tempo e la storia del Burlador che viene da un passato diverso e per molti aspetti antitetico.