Discriminazione, inclusione: la targa dell’artista Ruth Beraha e lo studente che l’ha ricoperta con lo spray nero. La direttrice dei Musei civici livornesi e l’autrice si confrontano con il ragazzo

Alla vigilia della festa – avvenuta nella serata del 30 aprile 2019 – del primo compleanno del Museo della città-Luogo Pio Arte Contemporanea, nel cuore dell’antico quartiere della Venezia a Livorno, un evento annunciato (anche su www.toscanaeventinews.it) con una serie di iniziative culturali, in particolare con l’allestimento di nuove opere e progetti site specific, è accaduto che un giovane studente livornese abbia voluto ricoprire con spray nero un’opera dell’artista Ruth Beraha posta proprio all’ingresso del Polo Culturale. Un’opera sul tema della discriminazione e dell’inclusione. Sia l’artista Beraha, che la direttrice scientifica dei musei civici livornesi Paola Tognon, presenti al momento dell’accaduto si sono soffermate a lungo a confrontarsi con lo studente riconoscendo l’istintività del gesto censorio. Al termine del confronto il giovane ha donato all’artista Ruth il libro di Italo Calvino “Il sentiero dei nidi di ragno” che aveva lasciato appositamente accanto all’opera.

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Ecco la dichiarazione di Paola Tognon, direttrice scientifica Musei civici di Livorno sul fatto accaduto

“Il 29 aprile 2019 abbiamo allestito all’ingresso esterno del Museo della Città- Luogo Pio Arte Contemporanea di Livorno, l’opera di Ruth Beraha ‘Io non posso entrare (autoritratto)’. Una piccola targa in ottone specchiato che reca scritto: vietato l’ingresso agli ebrei e agli omosessuali. La mattina del 30 aprile 2019 un giovane studente ha voluto interamente coprire con uno spray nero la targa ritenuta offensiva. Ritengo che questa opera di Ruth Beraha abbia in qualche modo sollecitato solo il primo e forse il più banale dei suoi messaggi, cioè quello di essere una semplice provocazione. Gli intenti di questa opera sono invece quelli di sollecitare una riflessione contro tutti i razzismi e le discriminazioni, quelle del passato, del presente e del futuro. In particolare Ruth Beraha ha scelto di nominare in questo divieto di accesso due categorie  la cui discriminazione è tristemente riconosciuta, per questo ancor più efficaci nel porci di fronte a una riflessione più vasta sui razzismi di ieri come  purtroppo anche quelli di oggi, dentro e fuori di noi.

Il titolo stesso dell’opera, ‘Io non posso entrare (autoritratto)’ segnala inoltre in maniera evidente  la presa diretta di responsabilità dell’artista: anche Ruth Beraha non avrebbe potuto entrare nel nostro Museo. Scrivo convintamente, oggi ancor più che ieri,  che sono orgogliosa che Ruth Beraha sia entrata nel Museo di Livorno e abbia voluto costruire un progetto espositivo site specific che porta un titolo significativo: Non sarai mai solo

Ruth Beraha ha scelto di lasciare la sua opera, la targa, nella sua condizione attuale, annerita e quindi censurata. A monito e con la consapevolezza di una lotta contro ogni discriminazione. Prima la targa di ottone, appositamente specchiato, rifletteva sulla sua superficie i nostri volti e i nostri occhi increduli. Oggi è nera, ma ciò non impedisce completamente, per chi vuole, di leggerne ancora il contenuto”.

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Qui di seguito la didascalia dell’opera che può essere letta dalla porta a vetri di ingresso al Museo:

Ruth Beraha
Io non posso entrare (autoritratto), 2018
Incisione su lastra di ottone
Courtesy l’artista

all’ingresso del Museo

Nel romanzo Lo Schiavista Paul Beatty immagina il ritorno della segregazione razziale come  mezzo per ridestare nella comunità nera di Dickens – un immaginario sobborgo alla periferia di Los Angeles –  la consapevolezza di sé e della dignità umana. Trovarsi ancora a fronteggiare la segregazione sulla base del colore della pelle diventa, per paradosso, un metodo efficace contro la rassegnazione per offrire nuove prospettive di riscatto. Come se la negazione dei diritti conquistati potesse risvegliare, più dei diritti stessi, le nostre coscienze.

L’intuizione dell’autore afroamericano è l’ispirazione per questo progetto: su una targa di ottone – materiale dall’aspetto prezioso, legato al denaro,  al potere, al ruolo sociale – è inciso il divieto di ingresso agli ebrei e agli omosessuali.

Io non posso entrare, che è anche un autoritratto per riferimenti biografici, “è una piccola targa specchiante che porta un odioso messaggio, da collocare sulla soglia di un negozio, un’abitazione, così come una mostra …, con l’obiettivo di sollecitare riflessioni e quesiti sui razzismi quotidiani dentro e fuori di noi”.