Dal laboratorio alla città: quattro opere monumentali del Premio Fondazione Henraux in esposizione al Palazzo Mediceo e nel centro storico di Seravezza

Dai luoghi della creazione a quelli della condivisione. Dal singolare al plurale. Dal territorio, di nuovo al territorio. Sono le direttrici della mostra “Dal laboratorio alla città” che si apre mercoledì 8 agosto 2018 a Seravezza, frutto della collaborazione tra Comune, Fondazione Terre Medicee e Fondazione Henraux e seconda declinazione del progetto espositivo “Scultura a Seravezza” avviato lo scorso anno con l’esposizione site-specific di Emanuele Giannelli. Inaugurazione mercoledì alle 18:30 a Palazzo Mediceo alla presenza di Riccardo Tarabella, sindaco di Seravezza, e Paolo Carli, presidente della Fondazione Henraux.

“Dal laboratorio alla città” presenta una selezione di opere di giovani talenti della scultura internazionale messisi in luce nelle passate edizioni del Premio Fondazione Henraux, che dal 2012 promuove la ricerca artistica attorno alle potenzialità del marmo tenendo viva la memoria di Erminio Cidonio, amministratore unico dell’azienda negli anni Cinquanta e Sessanta e primo vero fautore di Henraux come polo internazionale della scultura. Quattro opere monumentali in marmo rispettivamente di Mattia Bosco, Mikayel Ohanjanyan, Kim De Ruysscher e Daniele Guidugli collocate in altrettanti spazi pubblici del centro di Seravezza, dall’Area Medicea patrimonio Unesco a piazza Carducci. Un percorso d’arte che non è solo fisico, di visita e scoperta della città, ma anche ideale, di restituzione alla città stessa di un valore – il marmo dell’Altissimo – sotto una forma nuova: immaginata dall’artista, affidata alle maestranze artigiane dell’azienda, plasmata con l’ausilio delle moderne tecnologie oggi al servizio dell’arte.

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Il percorso espositivo prende le mosse da Palazzo Mediceo con l’opera “Materialità dell’invisibile” di Mikayel Ohanjanyan (foto a sinistra), prima classificata nell’edizione 2014 del Premio Henraux: un monolite di candida materia “piegata” dalle compressioni di alcuni cavi d’acciaio con il quale l’artista intende materializzare l’invisibile ed evidenziarne alcuni aspetti concettuali ed estetici. L’opera dialoga in prospettiva con “Bue Tractor” di Mattia Bosco (secondo ex aequo nell’edizione 2012 del Premio) collocato all’esterno delle Scuderie Granducali: un omaggio al bue, l’antico trattore animale che per secoli ha trasportato i blocchi di marmo, metafora di fatiche immense e di sfide al limite delle forze e dell’ingegno umani. Nella chiesina barocca della Madonna del Carmine la terza scultura, il “Moby Dick” di Daniele Guidugli (finalista edizione 2016 / foto sopra il titolo), frutto di una potente analogia tra la grande balena bianca e il blocco candido dello Statuario: se le singole vertebre della spina dorsale sono spesso ciò che resta dell’enorme corpo della balena, così la scultura nasce e prende vita da un blocco di marmo, preziosa testimonianza dell’immensità della montagna. Quarta e ultima opera in mostra – in piazza Carducci – il “Canotto” di Kim De Ruysscher, anch’esso dall’edizione 2016 del Premio Fondazione Henraux, legato al tema attualissimo delle migrazioni: una piccola imbarcazione afflosciata, rovesciata e alla deriva come le molte che ogni giorno traghettano verso la speranza migliaia di persone tra una sponda e l’altra del Mediterraneo.

L’esposizione, che si potrà ammirare fino al 20 settembre 2018, è realizzata con il contributo di VNE e Barsi Marmi nell’ambito del progetto regionale Toscanaincontemporanea 2018 e nel calendario del Comune di Seravezza per i 500 anni della presenza di Michelangelo Buonarroti in Versilia.